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UNDERGO ALARMS
Solo
Show
Studio
d'Arte Raffaelli, Trento
Catalogue,
2010
64 pgg
ISBN
Testo Critico di / Essay by JULIA DRAGANOVIC
English text below
INFILTRATIONS
di Julia Draganovic
Stefano Cagol è un intruso. Non uno che entra nelle nostre case,
no, è un tipo ancora più pericoloso, è uno che
incontriamo per strada e che, – senza che ce ne accorgiamo – ci guida
su terreni apparentemente pericolosi. Ci inganna, perché ci
porta in zone che consideriamo rischiose e facciamo fatica a capire se
il repentaglio è reale: Cagol ci pone di fronte alle nostre
paure e alle nostre isterie, e in tal modo si infiltra nel nostro
sistema emotivo.
Certo, non suscita un vero sgomento, non ci terrorizza, non fa nascere
il panico. L’impatto delle installazioni e degli interventi pubblici di
Cagol non è tanto immediato, né tanto violento, ma uno
non se lo scrolla di dosso facilmente: Cagol gioca infatti con
preoccupazioni durevoli e persistenti e le strumentalizza, imitando in
questo modo strategie politico-sociali diffuse in tutto il mondo.
La paura – sia come emozione che come idea – è diventata una
comune compagna di vita. Interi settori industriali vivono grazie alla
produzione di preoccupazioni; il timore è diventato una delle
tecnologie chiave del potere e sta cambiando la nostra percezione del
pericolo e del rischio. La paura crea un desiderio di consumo che
cambia di continuo ed è per questo diventata un notevole fattore
economico che fa parte delle strategie di sopravvivenza del sistema
finanziario, tanto bisognoso di autorinnovarsi in continuazione. Uno
dei migliori esempi del legame fra paura e mercato è lo sviluppo
esponenziale delle assicurazioni e dei sistemi di sicurezza dall’inizio
del Novecento fino ai giorni nostri.
Il fatto che l’undici settembre – oramai simbolo del crollo totale del
comune senso di sicurezza e forse la prima data entrata nella memoria
collettiva mondiale – corrisponda con la data di nascita dell’artista
è accidentale, ma è diventato negli anni successivi
all’evento del 2001 uno stimolo in più per Cagol per misurarsi
con la tendenza globale a rafforzare i sistemi d’allarme. Pensiamo alla
sua installazione 11 Settembre, un display LED presentato
contemporaneamente a Bruxelles, Innsbruck, Karlsruhe e Rovereto e sul
quale scorrono eventi avvenuti in tutto il mondo in quella data, ma in
anni diversi.
Ricontestualizzare eventi, simboli, idee e concetti, parole e immagini
è una delle strategie più frequentemente utilizzate
da Stefano Cagol. Le sue tecniche di appropriazione non si fermano
né davanti agli emblemi nazionali come le bandiere, né
davanti ad opere di altri artisti – anzi, più salda un’immagine
è ancorata nella memoria collettiva, più Cagol si sente
attirato dalla sfida di riproporla. Con W, per esempio, Stefano Cagol
fa evidentemente riferimento a un’opera storica di Bruce Nauman,
rendendo ancora più esplicito il collegamento fra le parole raw
(crudo) e war (guerra). Il neon lampeggiante di Nauman consisteva solo
nella parola war, illuminata lettera dopo lettera, prima da sinistra a
destra poi cambiando il verso e rilevando in questo modo il palindromo.
Cagol, invece, sembra applicare il test di Rorschach, creando in tal
modo una forma simmetrica che si trova spesso nell’opera di Cagol e che
aggiunge un ulteriore strato di significati al gioco di parole usato da
Nauman. Nel neon rawar la parola crudo si abbina come aggettivo alla
guerra e ci fa pensare che quarant’anni dopo il lavoro di Nauman,
ispirato certamente anche dalla guerra in Vietnam, il concetto non
abbia perso di attualità, mettendo in evidenza quanto la guerra
e le sue atrocità possano essere abolite o siano delle costanti
antropologiche.
I giochi di parole sui quali si basano molti lavori di Cagol fanno
riferimento non tanto alla poesia visiva italiana, ma nascono da uno
studio del concettualismo americano e lo trasferiscono nel mondo
contemporaneo avvalendosi dei mezzi di comunicazione attuali, sia
digitali che analogici. Con proiezioni di luci, neon intermittenti,
badges, bandiere, oggetti gonfiabili e sospesi e girando in macchine
con scritte apparentemente pubblicitarie, Cagol reclamizza non oggetti
e non idee, ma domande. Simulando situazioni del quotidiano ed
inserendo differenze e anomalie minime, ci ricorda di stare allerta e
di provare – almeno ogni tanto – a ragionare sulle proprie sensazioni
ed emozioni.
Essere vigili non guasta, ma bisogna stare attenti alla direzione verso
cui guardare: la preoccupazione – ci insegna Cagol – a volte ci rende
ridicoli o, addirittura, vittime di manipolazioni. Bisogna, invece,
analizzare maggiormente di che cosa bisogna preoccuparsi. La vera fonte
di pericolo non si vede tanto facilmente, non è un’epidemia
annunciata e non è neanche un proiettore luminoso orientabile,
apparentemente in cerca di nemici. Cagol ci invita a girare la testa, a
guardare “contro corrente”, a capire a chi può servire la nostra
preoccupazione. Cagol dà un’allerta che vale la pena subire.
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INFILTRATIONS
by Julia Draganovic
Stefano Cagol is an intruder. He is not someone who comes into our
homes, no, he is even more dangerous, someone we meet on the street and
that leads us on a path that looks dangerous, while we do not realize
that. He deceives us, as he takes us to areas that we consider risky
and for us it is hard to understand whether the risk is real. Cagol
lets us face our fears and our hysteria, in this way getting inside our
emotional system.
He does not cause real dismay, he does not terrorize us, nor he creates
panic. The impact of the installations and of the public art projects
by Cagol is neither too immediate nor too violent, but it is not so
easy to forget them. Cagol plays with lasting, persistent worries and
exploits them, in this way imitating the political-social strategies
that are widespread all over the world.
Fear, both as an emotion and as an idea, has become something common in
our lives. Entire industrial areas are based on the production of
worries, fear has become one of the key technologies of power and is
changing our perception of danger and risk. Fear creates desire of
consumption, a type of desire that is continuously changing, for this
reason it has become a fundamental economic factor which is part of the
survival strategies of the financial system that needs to renew itself
constantly. One of the best examples of the link between fear and
market is the exponential development of insurances and of safety
systems from the early twentieth century to the present day.
The eleventh of September, the symbol of the total collapse of common
safety and maybe the first date that has found its place into the
world’s collective memory, is also the birth date of the artist, and
after 2001 this coincidence has stimulated Cagol to focus on the global
tendency of strengthening alarm systems. We can see that from his
installation 11 settembre, a LED display that was presented at the same
time in Brussels, Innsbruck, Karlsruhe and Rovereto, which shows events
that took place in different parts of the world on that date, but in
different years.
Giving a new context to events, symbols, ideas and concepts, words and
pictures is one of the strategies used most by Stefano Cagol. His
appropriation techniques are not stopped by national symbols such us
flags nor by works of other artists, on the contrary, the more an image
is part of the collective memory the more Cagol is appealed by the
challenge of adopting it again. For instance with W Stefano Cagol
obviously refers to a historic work by Bruce Nauman, making more
explicit the link between the words “raw” and “war”. The blinking neon
lights of Nauman consisted only of the word “war”, which was lit letter
by letter, first from the left to the right and then from the other way
round, in this way revealing the palindrome. Cagol instead seems to
apply the Rorschach test, creating in this way a symmetry that is often
part of his works and that adds a new layer of meanings to the play on
words of Nauman. In the neon installation “rawar” the word “raw” is put
next to the word war, as an adjective, this leads us to think that 40
years from the historic work by Nauman, which was certainly inspired
also by the Vietnam war, the concept is still topical nowadays and
opens a question: whether war and its atrocities can be abolished or
whether they are a constant in human being.
The plays on words many works of Cagol are based on refer less to
Italian visual poetry, they originate from studying American
conceptualism, transferring it into the contemporary world through
modern mass media, both digital and analog. By means of the projection
of lights, blinking neon lights, badges, flags, inflatable objects and
fluctuating objects or cars with writings that seem to be commercial
ads, Cagol does not advertise objects nor ideas, but questions. The
artist simulates everyday situations with slight differences and
anomalies, reminding us to be on the alert and to try, at least once in
a while, to reflect on our sensations and emotions.
It is a good thing to be on the alert, but you have to be careful and
look in the right direction, sometimes, as Cagol teaches us, worries
make us ridiculous or, even worse, let us fall victim of manipulations.
We should reflect more on what we have to worry about. The real cause
of danger is not easy to be seen, it is not a foretold epidemic nor a
moving beacon seeming to look for enemies. Cagol invites us to turn our
heads, to look “against the stream”, to understand who might need our
worries. Cagol puts us on the alert, giving us an alarm that is worth
undergoing.
Julia
Draganovic (former director of Chelsea Art Museum, New York and PAN -
Palazzo delle Arti Napoli)
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