>
Stefano Cagol: A scuola con gli artisti
STEFANO
ARIENTI, STEFANO CAGOL, A12, CLAUDIA LOSI, MARIO AIRO`, ADRIAN PACI
a
cura di Ylenia Angeli
Essay
by Roberto Pinto
Galleria
Civica di Arte Contemporanea, Trento Italy
Work
Magazine, Summer, N.16, 200
English
below
Stefano Cagol
Anche in un percorso poliedrico
e multiforme come quello di Stefano Cagol, si possono trovare alcune linee
guida, individuabili nell'idea di flusso, di indeterminatezza e nella sua
continua ridefinizione del concetto di realtà e di finzione. Attraverso
l'uso di tecniche e di materiali diversi - performance, installazioni,
fotografie e soprattutto video fanno parte del suo bagaglio operativo -
troviamo infatti un comune denominatore in tutte le sue opere, che consiste
nella capacità di affrontare tematiche politico-sociali senza in
alcun modo dare la sensazione di una rigidità ideologica aprioristica,
anzi lasciando, il più delle volte, completamente aperta alla singola
e singolare interpretazione dello spettatore la possibilità di leggere
il lavoro basandosi sulle proprie esperienze. Stars and Stripes (2000-2002,
e l'ultima versione Lies presentata a Platform, Londra, 2005), un video
in cui lo sventolio di una bandiera americana crea una lunga serie di forme
ambigue, è assolutamente emblematico a riguardo. Il lavoro - come
in molti altri esempi - non ha un inizio e una fine, ma genera un flusso
di immagini e di relazioni in cui è difficile distinguere tra facts
and fictions, tra ciò che vuole dire l'artista e quello che noi
interpretiamo. Non è un caso quindi che Tokyo, e più in generale
la società giapponese, esercitino un deciso fascino sull'artista,
proprio perché questa città può assurgere a simbolo
dell'incrocio tra immaginario e realtà, dove si ha la sensazione
che sia quest'ultima a cercare di rincorrere in tutti i modi le espressioni
virtuali che le nuove tecnologie e le conseguenti applicazioni mediatiche
comportano (Il riferimento è al work in progress Tokyospace, 2004,
in Giappone e alla sua futura prosecuzione nel settembre 2006 presso l'Istituto
Italiano di Cultura: www.tokyospace.com). Anche nel suo ultimo lavoro,
Bird Flu (2006), si affronta un viaggio fisico, e soprattutto mentale,
alla ricerca di una diversa percezione dello spazio, ma questa volta il
percorso è attraverso un'Europa che ha forse preso troppo sul serio
il rischio dell'influenza aviaria, dando per certa la possibilità
di contagio di un virus che non si è mai trasmesso da uomo a uomo.
Ma la paura, è fatto noto, non sempre si nutre di dati reali. Anzi,
tanto più ci si allontana dalla dimensione quotidiana (e quindi
si fanno largo le categorie di mistero, di sconosciuto, di diverso, di
straniero) e tanto più si trasmette rapidamente e ci assale proprio
dove le nostre difese sono più deboli. L'ambiguità, il doppio,
la dark side della nostra vita ci appaiono nei lavori di Stefano Cagol
in tutta la loro semplicità: senza la retorica che spesso le accompagna,
senza l'enfasi nella narrazione che spesso le investe di una sensazione
di ridondanza e di falsità, spesso senza neppure ammiccamenti, senza
quindi farsi trasportare dalla seduzione delle immagini, ma cercando di
ridurre l'opera d'arte ad un'asciutta essenzialità.
Roberto Pinto è
curatore e critico indipendente. È stato capo redattore di "Flash
Art". Negli ultimi anni ha curato grandi rassegna internazionali come la
V Biennale di Gwangju, Dimensione Follia, Spazi Atti con Jean-Hubert Martin,
la X edizione di Arte all'Arte. Collabora con Care of/Via Farini e con
la Fondazione Ratti di Como per la formazione e la promozione di giovani
artisti. Insegna presso il Master per curatori dell'Accademia di Brera
a Milano e all'Università di Trento. Tra le pubblicazioni ricordiamo
le 8 edizioni della Generazione delle Immagini e Lucy Orta, Phaidon Press.
Roberto Pinto
Work, Summer, N. 16, 2006
Stefano Cagol
Even in a polyhedrical and
multiformed path such as that of Stefano Cagol, various guidelines can
be found, distinguished by the idea of flow, of indefiniteness and by his
continual redefinition of the concept of reality and fiction. Through the
use of different techniques and materials - performance, installations,
photographs and especially video are all part of his "toolbox", we can,
in fact, find a common denominator in all of his works, one which lies
in the ability to affront socio-political themes without giving the sensation
of a rigid ideological a priori; instead leaving the work, most of the
time, completely open to the single and singular interpretation of the
spectator; the possibility of reading the work with the help of his own
experiences. Stars and Stripes (2000-2002, and the latest version Lies
presented at Platform in London, 2005), a video in which the fluttering
of an American flag creates a long series of ambiguous forms, is a very
good example of this. The work - as in many other examples - doesn't have
a beginning or an end, but generates a flow of images and relations where
it is difficult to distinguish between fact and fiction, between what the
artist wants to say and what we interpret. It is not a coincidence that
Tokyo, and more generally Japanese society, would fascinate the artist,
precisely because this city can symbolize a crossroad between the real
and the imaginary, where one senses that the former looks to pursue the
virtual expressions that new technologies and consequent media applications
bring (a reference to a work in progress Tokyospace, 2004, in Japan and
its future continuation in September 2006 at the Italian Culture Institute:
www.tokyospace.com). Also his latest work, Bird Flu (2006), deals with
a physical, and above all mental journey in search of a different perception
of space. However, this time, the path is drawn through a Europe that has
perhaps taken the Avarian flu a little too seriously; a Europe certain
about the possibility of catching a virus that has never been transmitted
between humans. But fear, as a matter of fact, isn't always nurtured by
true information. In fact, the more one distances himself from the daily
dimension (and therefore the categories of mystery, of the unknown, of
the different and of the strange broaden themselves) and the faster fear
rapidly transmits, we are seized precisely where our defenses are the weakest.
The ambiguity, the duality, the dark side of our lives appear in Stefano
Cagol's works in all of its simplicity: without the rhetoric that often
accompanies them, without narrative emphasis that often supplies them with
a sensation of redundancy and falsity, often even without so much of a
wink, and therefore without being conveyed through the seduction of images,
but looking the reduce the work of art to a dry essentiality.
Roberto Pinto is a curator
and independent critic. He was Chief Editor of "Flash Art". Over the last
few years, he has curated large international exhibitions such as the V
Gwangju Biennial, Dimensione Follia, Spazi Atti with Jean-Hubert Martin.
He is the curator of the advanced course of visual arts at the Fondazione
Ratti in Como. He is a researcher of contemporary art history at the University
of Trento. Among the numerous publications, we can cite the eight editions
of the Generazione delle Immagini and Lucy Orta, Phaidon Press.
Roberto Pinto
Work, Summer, N. 16, 2006
|